L’intervento del dottor Filippo Ghelma al seminario “Nutrire la fragilità“, organizzato il 7 ottobre 2015 a Milano dalla Fondazione Sacra Famiglia.
Nutrizione e alimentazione sono aspetti che, per qualsiasi individuo, fortemente si correlano alle condizioni di salute e benessere. L’adeguata assunzione di nutrienti è infatti fondamentale per il mantenimento degli equilibri biologici di ogni organismo e quindi fondamentale per il suo funzionamento.
La grave disabilità intellettiva e neuromotoria spesso incontra molte problematiche che riguardano questi aspetti.
La persona con insufficienza mentale può presentare disturbi comportamentali in ambito alimentare, sia per le modalità di assunzione del cibo, sia per la qualità e la quantità dei pasti. È evidente che questo ambito, non propriamente legato a problemi disfunzionali dell’apparato gastroenterico, richiede interventi volti a correggere il rapporto con il cibo ed i pasti, per i quali non sono la figura professionale più competente, per quanto chiamato spesso ad esprimere pareri e consigli.
Molto frequenti sono i problemi secondari alla fragilità causata da condizioni quali gli esiti di paralisi cerebrale infantile, la spasticità, le gravi deformità e malformazioni somatiche. Queste condizioni sono causa di problemi fin dalla nascita. Essendo lentamente e progressivamente ingravescenti, danno il modo di essere compensate da modalità di assunzione del cibo molto personalizzate, da adattamenti che ogni individuo cerca di attuare istintivamente, dalle mille attenzioni che un care giver molto motivato riesce a dare, spesso con l’aiuto di esperti logopedisti.
È però evidente che prima o poi arriverà il momento in cui questo compenso non sarà più efficace e tutti i problemi collegati all’alimentazione compariranno e si sommeranno tra loro, facendo spesso precipitare le condizioni cliniche generali:
- la disfagia potrà mettere a rischio la pervietà delle vie aeree ad ogni boccone (il personale dei centri diurni, più dei famigliari, sentirà moltissimo il carico di questo rischio, col risultato di tendere a ridurre la quantità di cibo somministrato)
- la difficoltà all’assunzione dei liquidi, anche se addensati, aprirà la via a tutte le conseguenze di una ipoidratazione, cui conseguono frequenti infezioni sintomatiche delle vie urinarie o iperdosaggio relativo di farmaci che risentono molto degli equilibri volemici (es gli antiepilettici)
- i farmaci (spesso da considerare “salvavita” come gli antiepilettici) sono anch’essi assunti con il cibo, e una disfagia non consente sempre di definire se l’assunzione della dose prevista sia stata completa, oppure parzialmente o totalmente espulsa con un rigurgito, un colpo di tosse, ecc.
- esiste inoltre una inalazione di saliva pressochè continua, che espone a infezioni delle vie aeree sempre più frequenti e più profonde, in una persona iponutrita e quindi immunocompromessa che arriveranno a lasciare “cicatrici” e danni permanenti e consolidati al polmone, che ridurranno una funzionalità respiratoria già non ottimale
Questi sono solo alcuni degli aspetti e della possibile cascata di eventi collegati ad una disfagia critica: sono tutti aspetti noti, descritti in letteratura e studiati durante i percorsi formativi del personale sanitario, e molte sono le possibili soluzioni a disposizione per garantire la migliore soluzione caso per caso.
Eppure, nella mia esperienza, sembra che tutti se ne vogliano dimenticare, pur sapendo che è un quadro che in molte condizioni è atteso quasi in modo matematico. Non sono molti i sanitari che informano i genitori di questo, sperando che sia qualcun altro ad affrontare il problema. Questo fa in modo che ci si trova a decidere quali opzioni considerare per gestire il problema, quando il quadro è molto avanzato ed i rischi di qualsiasi manovra sono molto più elevati. Non solo, i famigliari spesso poco e male informati vengono chiamati a decidere su argomenti che non hanno mai potuto affrontare ed approfondire, spesso nella criticità di un’emergenza sanitaria e con l’evidente poca serenità che tutto questo comporta.
Le mie riflessioni sono quindi principalmente rivolte alla scarsissima formazione ricevuta in questo ambito dal personale sanitario, dalle famiglie, dalle associazioni di settore, che riducono tutto ad un problema puramente medico e tecnico, quando ritengo che una condizione così complessa, che si manifesta in modo molto peculiare da individuo ad individuo, che vive in una famiglia che ha la sua storia, debba avere il tempo di essere affrontata per tempo e con serenità in ogni suo aspetto, molto prima che sia necessario decidere una strategia. Solo così una scelta, sicuramente difficile e coinvolgente, può essere affrontata in modo veramente informato… sicuramente più sereno.
Scarica le slide della presentazione Nutrizione e comunicazione sanitaria del dott. Ghelma, dedicato alla P.E.G. e l’importanza di una comunicazione e valutazione precoce di questa e altre soluzioni.